Riflessione - Cosa si vede

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Come procedere

Ripetiamo le esperienze appena fatte facendo particolare attenzione a cosa si vede guardando verso lo specchio.

Aggiungiamo alle esperienze precedenti le due che seguono:

5.      Osserviamo lo spazio “dentro” lo specchio:

  • ponendo una sorgente puntiforme (lampadina a piccolo filamento, candelina) di fronte allo specchio e variando la nostra posizione rispetto allo specchio;

  • restando fermi davanti allo specchio e muovendo la sorgente “avanti e indietro”, “a destra e a sinistra”, “in alto e in basso” rispetto allo specchio;

  • ponendo   due lampadine affiancate in orizzontale, una volta in direzione parallela  allo specchio, un’altra in direzione perpendicolare;

  • ponendo   due lampadine affiancate in verticale;

  • ponendo  quattro lampadine di colore diverso affiancate a due a due e poste a due altezze diverse rispetto al piano di appoggio ...

6.      Ripetiamo le esperienze del punto 5  utilizzando una lastrina incolore trasparente perfettamente liscia invece dello specchio.  Cerchiamo di posizionare una sorgente, identica a quella iniziale, esattamente dove si vede la sorgente riflessa, così che la sorgente vista riflessa e quella vista guardando attraverso la lastrina si sovrappongano. 
  

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Un lumino davanti alla lastra, acceso.

Un lumino davanti alla lastra, acceso e uno dietro, spento.

 

Cosa si vede

Quando la torcia è puntata in direzione perpendicolare allo specchio, guardando nello specchio si vede la torcia (almeno la sua parte luminosa) e una macchia, più grande e meno luminosa, in corrispondenza della macchia di luce sulla parete opposta allo specchio.

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Inoltre se lo specchio è molto pulito, sulla superficie dello specchio non si vede nulla; se sono presenti tracce di polvere, graffi, ditate,…  si nota una macchia luminosa identica per forma e dimensione alla macchia che si raccoglie appoggiando il telo bianco sullo specchio.

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Se la luce che colpisce questa parete è intensa, quella da essa diffusa produce una illuminazione di tutti gli oggetti intorno rendendo visibile anche il loro riflesso nello specchio.
Cambiando posizione cambia la parte di ambiente che si vede "nello" specchio, che risulta più o meno ampia a seconda delle dimensioni dello specchio. 
E' difficile capire esattamente cosa succede al riflesso dei singoli oggetti che si possono vedere nello specchio quando si cambia posizione . Le esperienze suggerite, in particolare le esperienze di osservazione di movimenti e l'esperienza di sovrapposizione di un oggetto reale all'immagine speculare di un oggetto identico, dovrebbero essere di valido aiuto per rendersi conto del fatto che il mondo dello specchio è un mondo tridimensionale, dotato di profondità, e non un mondo bidimensionale appiattito sulla superficie dello specchio. Quando si riesce a guardare in questo modo, ci si accorge che quello che si vede nello specchio non cambia posizione nello spazio al variare della posizione dell'osservatore. In particolare questo si può verificare con precisione nelle esperienze con le sorgenti puntiformi, dove nello specchio (o dietro alle lastrine) si vede per ogni punto-sorgente un punto-immagine riflesso in posizione simmetrica rispetto allo specchio. 

Se siamo "dietro" le sorgenti, guardandole direttamente vediamo più vicine a noi le sorgenti più lontane dallo specchio e viceversa; nello specchio non solo succede il contrario (vediamo prima le sorgenti più vicine allo specchio, e poi le parti più lontane), ma possiamo anche a vedere "il davanti" degli oggetti, che non è possibile vedere direttamente.

Conclusioni e interpretazione

La macchia di luce visibile sullo specchio quando è impolverato è dovuta al fatto che  le particelle di polvere fanno da centri di diffusione della luce che le colpisce e la rinviano nell’occhio dell’osservatore. Se lo specchio è perfettamente pulito non ci sono centri diffusori:  tutti  i raggi che formano il fascio incidente vengono "piegati" dallo specchio, che li fa rimbalzare e li trasforma in raggi riflessi, e non si vede nulla nei punti in cui questa “piegatura” avviene. 

Il fascio riflesso è ancora un fascio "ordinato" di raggi, esattamente uguale al fascio che sarebbe prodotto, nella zona antistante lo specchio, da una "sorgente virtuale" posta al di là dello specchio, in una posizione simmetrica a quella della sorgente reale.

Se l’occhio dell’osservatore riesce ad intercettare, a ricevere un fascetto di luce riflessa, lo stimolo luminoso raggiunge la retina esattamente nella stesso punto in cui arriverebbe se il fascio provenisse dalla sorgente virtuale e di conseguenza l'elaborazione cerebrale dello stimolo visivo porta a vedere l’immagine della sorgente “dentro” lo specchio in posizione simmetrica rispetto a quella della sorgente reale. L'occhio non può "accorgersi" del fatto che qualcosa ha “piegato” il fascio. 

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La visione del riflesso di un oggetto è determinata dall'insieme dei riflessi dei singoli punti-sorgente di cui possiamo immaginare costituita la sua superficie. La figura sottostante ricostruisce la situazione percettiva determinata da tre punti-sorgente.

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Lo specchio rinvia nello spazio antistante i raggi provenienti dai tre punti-sorgente in modo tale che continuano a propagarsi senza disturbarsi reciprocamente. Attraverso la pupilla entrano nell’occhio, da piccole porzioni piane della superficie dello specchio, tre fascetti riflessi a forma di tronco di cono, ciascuno proveniente da un diverso punto-sorgente. Poiché le tre direzioni di propagazione dei fascetti sono diverse, sulla retina vengono stimolati recettori diversi. In conseguenza delle leggi di riflessione piana, i recettori sono gli stessi che sarebbero stimolati dalla visione diretta di tre sorgenti puntiformi poste in posizione simmetrica, rispetto allo specchio, della posizione delle sorgenti reali. L’interpretazione da parte della mente degli stimoli luminosi fa percepire all’osservatore tre sorgenti che si trovano “nello specchio”.
La contraddizione cognitiva fra un’interpretazione tridimensionale delle immagini riflesse e la consapevolezza dell’inesistenza di uno spazio tridimensionale al di là dello specchio conduce spesso a collocare le immagini riflesse sulla superficie dello specchio, come sagome disegnate su un quadro piuttosto che come oggetti visti attraverso una finestra. Se la cornice non è visibile (ambienti con un’intera parete a specchio) l’illusione visiva è decisamente tridimensionale.

Se lo specchio è limitato, la zona da cui si riesce a vedere è delimitata dai raggi riflessi estremi, corrispondenti ai raggi incidenti che colpiscono i punti del bordo dello specchio.

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Nell’occhio arrivano infatti tutti i raggi riflessi contenuti nel cono delimitato dall’occhio stesso (O in figura) come vertice e dai raggi riflessi che partono dai punti di contorno dello specchio (in figura sono rappresentati solo i raggi AO, BO, CO, DO che partono dai vertici dello specchio). All’insieme dei raggi riflessi che possono entrare nell’occhio corrispondono raggi incidenti contenuti in una zona a tronco di cono che termina sullo specchio e definisce la parte di ambiente che l’occhio vede riflessa nello specchio (in figura la zona tridimensionale delimitata dai raggi che incidono sui vertici dello specchio). Questa zona dipende dalla posizione dell’occhio (vedi seconda figura) e dalle dimensioni dello specchio ed è la stessa che sarebbe vista da un osservatore posto al di là dello specchio, in posizione simmetrica a quella dell’osservatore reale (Q in figura), se al posto dello specchio vi fosse una finestra.

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Ci si accorge sin da piccoli che le immagini degli oggetti che si vedono guardando in uno specchio hanno caratterizzazioni  spaziali diverse rispetto agli oggetti visti direttamente, e si usa dire che uno specchio inverte la destra con la sinistra. Descrivere correttamente le relazioni spaziali fra oggetto ed immagine non è banale e nelle descrizioni usuali si tende a confondere due rappresentazioni spaziali diverse. Si parla di “destra” e “sinistra” riferendosi all’oggetto ed all’immagine “in sé”, indipendentemente da qualunque collocazione in un ambiente (la mano destra dell’oggetto-sorgente diventa la mano sinistra dell’oggetto-immagine, per esempio), mentre si parla di “avanti” e di “dietro” riferendosi ad un verso di ordinamento degli oggetti rispetto ad una direzione nello spazio-ambiente (quando si dice che un oggetto si trova “davanti” ad un altro, mentre la sua immagine riflessa si trova “dietro” all’immagine dell’altro, ci si riferisce implicitamente ad una direzione perpendicolare allo specchio ed orientata dall’ambiente verso lo specchio).

Le figure rappresentano due situazioni in cui la superficie riflettente è rispettivamente verticale (come nei normali specchi da parete) ed orizzontale (come negli specchi d’acqua tranquilli). E’ possibile vedere come possono essere enunciate regole indipendenti dall’orientazione della superficie dello specchio, che può essere qualunque (anche “obliqua”), che consentono di stabilire le relazioni spaziali fra oggetto ed immagine riflessa. Si possono considerare tre direzioni orientate e fra loro perpendicolari, una delle quali perpendicolare alla superficie dello specchio ed orientata dall’ambiente verso lo specchio. La superficie riflettente mantiene nell’immagine riflessa tutte e tre le direzioni, ma mentre lascia inalterato il verso nelle direzioni parallele allo specchio, cambia il verso della direzione ad esso perpendicolare. Se si considerano il verso di rotazione ed il verso di avanzamento di una vite, la sua immagine riflessa è una vite che se viene ruotata nello stesso senso avanza in verso opposto (si dice anche che lo specchio trasforma una vite sinistrorsa in una vite destrorsa e viceversa). Questo avviene qualunque sia l’orientazione della vite rispetto allo specchio, come si vede dalla figura a destra, dove sono rappresentate due viti, una destrorsa ed una sinistrorsa, una perpendicolare allo specchio e l’altra ad esso parallela.

Due trottole in rotazione, una perpendicolare allo specchio e l’altra parallela.

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