Diffusione per riflessione e rifrazione – cosa fa la luce

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Obiettivo

Studiare il comportamento della luce quando incontra una superficie piana ruvida.

 

Materiale

  • Lastre smerigliate da uno o entrambi i lati, con grana diversa
  • Cartoncini, stoffe di diversa grana e colore
  • Torcia, lampadina, laser (con base d’appoggio), proiettore da diapositive
  • Telaietti

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Come procedere

1.      Disporre su un tavolo un foglio bianco e, perpendicolare ad esso, un foglio di cartoncino colorato; dirigere la torcia o il proiettore (in cui sia stato eventualmente inserito un telaietto con carta nera forata), verso il cartoncino colorato. Osservare attentamente la superficie bianca e quella colorata sia in ambiente illuminato sia in ambiente oscurato. Ripetere l’esperienza con cartoncini e stoffe di diversi colori.

2.      Disporre su un tavolo un foglio bianco e, perpendicolare ad esso, la lastra smerigliata. Dirigere il fascio laser verso la lastra. In un ambiente oscurato osservare attentamente la superficie bianca al di qua e al di là della lastra.

 

Cosa si nota
  1. In ambiente illuminato sulla superficie colpita dal fascio della torcia o del proiettore si vede una  macchia di luce intensa sul fondo colorato. Sulla superficie bianca si vede una tenue zona colorata illuminata in modo soffuso.
    In ambiente oscurato sulla superficie colpita dal fascio della torcia o del proiettore si vede una  macchia di luce intensa che si percepisce di colore bianco o giallo su fondo scuro, praticamente nero. Sulla superficie bianca si vede una zona illuminata in modo soffuso dello stesso colore del cartoncino.

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  2. Nel caso della lastra smerigliata colpita dal fascio laser si nota una piccola macchia rossa sulla superficie della lastra e due macchie rosse molto più ampie sul piano bianco. Quella  tra il laser pointer e la lastra è molto tenue, quella che si trova al di là della lastra è molto più intensa.

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Conclusioni e interpretazione

La lastra e il cartoncino, intercettano il fascio di luce incidente con la loro parte superficiale rivolta verso la sorgente. La piccola macchia rossa che si vede sulla lastra o la macchia fortemente illuminata che si vede sul cartoncino indicano che la luce del fascio colpisce la superficie e viene rinviata nello spazio circostante. Possiamo concludere allora che la luce che colpisce il foglio bianco proviene dalla lastra e dal cartoncino rispettivamente. Il foglio bianco intercetta parte della luce diffusa e diventa anch’esso sorgente secondaria di luce ulteriormente diffusa. Questa viaggia nello spazio e giunge ai nostri occhi permettendoci di vedere sul foglio bianco una zona illuminata, in modo fortemente attenuato, del colore del laser o del cartoncino colorato.

 

E’ possibile utilizzare il modello a raggi e le leggi della riflessione per interpretare gli aspetti geometrici della diffusione, schematizzando la superficie ruvida dei corpi diffondenti come un insieme di porzioni piane molto piccole, diversamente orientate nello spazio una rispetto all’altra, ciascuna delle quali si comporta come una superficie riflettente.

Mettere disegno Zanetti senza raggi (con lente di ingrandimento)

Ogni raggio che colpisce la superficie viene riflesso, secondo le regole che abbiamo visto, in una direzione che dipende sia dalla direzione di incidenza del raggio, sia dall’orientazione della piccolissima porzione di superficie piana (microsuperficie) su cui incide. Di conseguenza l’insieme dei raggi riflessi non può più essere considerato come un unico “fascio”, bensì come un insieme di fascetti provenienti ciascuno da ogni porzione piana di superficie, che si propagano nello spazio in direzioni diverse.

Un fascio di raggi paralleli incide su una superficie rugosa.
Basta considerare tre microsuperfici piane per rendersi conto dell’allargamento del fascio diffuso dovuto alle riflessioni su di esse! Nel disegno in alto a destra la zona occupata dalle tre microsuperfici è rappresentata a scala  più piccola, come un punto. La freccia di grande spessore rappresenta il fascio incidente, le altre alcuni raggi del fascio diffuso.
Se sulle microsuperfici incide anche un altro fascio, proveniente da un diverso punto-sorgente e dunque da una diversa direzione, anch’esso viene diffuso e il risultato è che nello spazio circostante si propagano in tutte le direzioni raggi provenienti dalla diffusione di entrambi i fasci incidenti.
Rappresentando ancora come un punto la zona occupata dalle tre microsuperfici, il risultato è quello evidenziato nella figura in basso a sinistra. In basso a destra è invece rappresentata la situazione che si avrebbe se la superficie fosse otticamente liscia: la riflessione ordinata dei singoli raggi di ogni fascio incidente darebbe luogo a due fasci riflessi che si propagano nello spazio in due direzioni diverse ben definite, senza disturbarsi reciprocamente.

La distribuzione nello spazio della luce diffusa da un oggetto a superficie rugosa è determinata dalla sovrapposizione dei fascetti provenienti dalle singole microsuperfici. Viene distrutto l'ordine complessivo della distribuzione dei raggi di luce che esisteva nel fascio incidente.

Questo vale anche per il fascetto del laser, che ha una sezione di qualche millimetro di diametro, molto più grande delle minime dimensioni delle sporgenze che rendono una superficie otticamente ruvida (queste dimensioni minime sono molto inferiori allo spessore di un foglio di carta[1]).

Nel caso di oggetti trasparenti a superficie ruvida, come la lastra smerigliata, vale un discorso analogo per la luce trasmessa, che risulta ugualmente “disordinata”. Si può utilizzare lo schema precedente, tracciando i fascetti rifratti da ogni piccola superficie piana oltre a quelli riflessi.

La lastra smerigliata “incolore” modifica la direzione di propagazione della luce incidente che viene rimandata (e in parte trasmessa) in un fascio aperto e disordinato.

Gli aspetti non geometrici della diffusione sono legati a fenomeni di assorbimento della luce e non sono interpretabili con il modello a raggi. La luce diffusa risulta meno intensa di quella incidente in quanto parte di essa è stata assorbita e/o rifratta e gli oggetti che ordinariamente ci appaiono colorati diffondono solo alcune delle componenti cromatiche della luce che li colpisce. [2] 


[1] Lo spessore di un foglio di carta è circa 0,1 mm. Una superficie può essere considerata otticamente piana se ha sporgenze di dimensioni lineari inferiori a circa un millesimo di millimetro. Per ottenere questo valore bisognerebbe considerare l’aspetto ondulatorio e gli effetti di diffrazione che si manifestano per ostacoli o fori di dimensioni paragonabili alla lunghezza d’onda.

 [2]  Il discorso si può ulteriormente approfondire considerando la struttura atomica della materia e facendo intervenire la meccanica quantistica, considerando cioè la diffusione come un processo complesso di assorbimento e riemissione di luce da parte di singoli elettroni degli atomi e molecole e non come semplice deviazione della luce incidente da parte di microscopiche superfici materiali.

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