TEMPERATURA E CALORE
laboratorio didattico nel periodo
febbraio-aprile
Classe terza E -
dieci alunni (fascia media)
Vi relaziono brevemente sull'esperienza
di questo laboratorio, intrapreso con una classe non mia, non perché
lo ritengo molto significativo ai fini di un'esperienza di insegnamento-apprendimento
innovativa nell'ambito del progetto SENIS, quanto più perché
ha messo in luce le difficoltà di interventi didattici, ormai spesso
programmati nella scuola media, previsti per periodi limitati su classi
non proprie, soprattutto se sono terze, ad anno scolastico ormai inoltrato.
L'obiettivo principale
che mi sono posta, nel programmarlo (un po' per tentativi, all'inizio,
visto che non conoscevo i ragazzi, i loro atteggiamenti, le loro conoscenze
di base, ecc.) è stato quello di dare spazio ad attività
che consentissero loro di ritornare su concetti studiati attraverso il
libro di testo, senza alcuna esperienza di laboratorio, e li rielaborassero
attraverso una metodologia diversa. Non di secondaria importanza nelle
mie intenzioni era curare gli aspetti di collegamento con la Matematica,
visto che si tratta di alunni di terza media.
Il percorso sul quale
ho previsto di muovermi, con un atteggiamento di ricerca comune, a me e
ai ragazzi, sono i seguenti:
Temperatura e Calore
a confronto
- analisi delle pre-conoscenze
o misconoscenze degli allievi attraverso un questionario analogo a quello
di Annalisa (lasciarli comporre liberamente almeno 5 frasi in cui sia utilizzata
la parola temperatura, e altre cinque in cui sia utilizzata la parola calore)
- variazioni di temperatura
per masse diverse della stessa sostanza, cui si somministra la stessa quantità
di calore (calore e temperatura non sono la stessa grandezza)
- variazioni di temperatura
per masse uguali di diverse sostanze, cui si somministra la stessa quantità
di calore (ogni sostanza ha un suo calore specifico)
- i passaggi di stato e
la temperatura
- mescolanze di sostanze
e masse a temperature diverse - equilibrio termico
- evidenziazione di moti
più intensi di particelle in acqua durante il riscaldamento e l'ebollizione
- modelli spontanei per
interpretare alcuni fenomeni termici.
Avevo in testa una mappa
dei concetti, ma la sequenzialità nella scelta del percorso
da proporre sta emergendo naturalmente dalle esperienze fatte, e ci lasciamo
trainare lungo una traccia che sono le stesse nostre attività a
delineare.
Per esempio, l'esperienza
attraverso la quale avrei voluto introdurre aspetti più quantitativi
sul calore (calore specifico, problemi di previsione sulle temperature
in base alla quantità di calore somministrato) era quella delle
sostanze diverse sulle quali si riscontrano diverse temperature somministrando
la stessa quantità di calore. Non avevo quel giorno a disposizione,
a scuola, molte sostanze su cui provare: ho trovato dell'alcool e una bottiglia
di petrolio. Sui risultati c'è stato un effetto-sorpresa che ha
dirottato il mio successivo intervento su altri problemi. La sorpresa ha
messo in luce anche le potenzialità dell'utilizzo dei grafici on-line.
Infatti, la possibilità di esaltare variazioni anche minime della
temperatura con l'uso dell'autoscala, o dello zoom, ci ha consentito di
vedere che il grafico dell'alcool presentava prima un abbassamento, poi
una stabilizzazione, poi un aumento della temperatura, mentre quello del
petrolio aveva un andamento più regolare nell'incremento della
temperatura. Ci siamo chiesti il perché, e l'idea dell'evaporazione
non è stata spontanea nei ragazzi. Allora abbiamo preso uno strofinaccio
asciutto, gli abbiamo avvicinato un sensore di temperatura, lo abbiamo
bagnato e abbiamo visto il lieve abbassamento della temperatura, che in
quel caso è stato attribuito dai ragazzi all'evaporazione perché
il fenomeno era per loro più familiare.
Poiché non ho molto
tempo, e poiché l'interesse per la sperimentazione di una metodologia
nuova per me è fortemente compromesso in una classe dove non è
stata costruita l'abitudine a problematizzare, a discutere, ma dove gli
allievi si pongono passivamente di fronte ad un apprendimento di tipo ripetitivo,
credo che taglierò su una serie di attività relative ai passaggi
di stato, e cercherò di farli lavorare sugli aspetti quantitativi,
passando ai problemi riguardanti l'equilibrio termico. La cosa mi sembra
importante anche sul piano concettuale, perché loro hanno imparato
dai libri che ci sono molecole in movimento, che il calore è una
forma di energia, ma forse potrebbe servire impostare delle esperienze
dove la frase "somministrare calore", che in qualche modo consolida l'idea
di qualche cosa di materiale che entra o esce dai corpi, venga soppiantata
dall'idea che assistiamo sempre ad un trasferimento di calore tra
i corpi.
Abbiamo iniziato con l'osservare
della segatura nell'acqua che si riscaldava, rilevando i moti sempre più
intensi dei pezzettini in sospensione, man mano che l'acqua si riscaldava:
ciò li ha convinti anche, visto che la segatura si agitava come
se ci fosse un cucchiaino che la girasse all'interno del bicchiere, che
in qualche modo il calore svolgeva il ruolo del cucchiaino, e che il suo
effetto si traduceva in energia meccanica sulla segatura.
Con Annalisa riflettevamo
sul fatto che i ragazzi dichiarano tutti che calore e temperatura non sono
la stessa cosa, ma hanno difficoltà ad argomentare per spiegare
la differenza. Di fatto, sanno costruire correttamente frasi che
parlano della temperatura più di quelle che parlano di calore. Ciò
a mio giudizio non deve stupire: la misura della temperatura per loro è
un'operazione molto più familiare che non quella del calore; in
ogni caso si quantifica il trasferimento di calore da un corpo all'altro,
ma è molto più facile da percepire l'effetto sui corpi in
termini di temperatura.
Sospendo per ora il mio
racconto, e mi scuso per avere scelto ancora una volta la forma discorsiva,
perché non ho ancora provato le attività di cui accennavo,
alle quali comunque penso di avvicinarmi nella maniera proposta da Luciana
(masse uguali a diversa temperatura, di acqua, messe a contatto, ecc.).
Ritorno a spiegare il perché
di quanto dichiaravo all'inizio, e che cioè questo laboratorio non
mi soddisfa:
- i ragazzi sembrano convinti
di non avere niente da scoprire, perché è una tema già
studiato (non hanno fatto alcuna attività sperimentale, né
ragionato su alcuna formula, hanno solo imparato dal libro di testo);
- non sono abituati alla
discussione, a riflettere sulle attività fatte, a cercare spiegazioni,
e quindi si distraggono, partecipano molto poco anche alla proposta di
formalizzare insieme il verbale di quanto facciamo;
- gli aspetti matematici
che vorrei in qualche modo curare si fondano anche in questo caso su un
addestramento al calcolo e all'utilizzo di formule, più che su un
utilizzo consapevole e ragionato delle tecniche, al fine di affrontare
problemi e tentare di risolverli.
Aspetto di avere i risultati
di questo secondo aspetto della metodologia, in quanto mi piacerebbe farli
lavorare sulla risoluzione di problemi, utlizzando formule in qualche modo
"trovate" insieme attraverso una formalizzazione delle loro previsioni,
però mi sembra già di poter affermare che un'attività
laboratoriale spersonalizzata rispetto alla figura dell'insegnante e praticata
su gruppi diversi da un gruppo classe, soprattutto in terza media, si pone
male. Forse in questa fascia d'età gli alunni sono ancora troppo
vincolati alla metodologia più ricorrente nella classe, troppo legati
ai comportamenti indotti dal loro insegnante, che peraltro si sono fin
troppo consolidati nel triennio, o forse tutto dipende dalle classi. Io
stessa sono riuscita a fare in classi che erano state mie dalla prima,
le stesse cose in maniera soddisfacente in alcuni casi; in altri proporre
la discussione, devolvendo il più possibile l'interpretazione dei
fenomeni è stato poco soddisfacente. Io sono un po' scoraggiata
perché lavoro da anni in una scuola che ha un'utenza pesante, i
ragazzi respirano un'atmosfera squallida da un punto di vista culturale,
e la scuola a mio giudizio non riesce a porsi in maniera propositiva per
cambiare questa realtà. Però al momento c'è anche
molta confusione nella messa in atto di strutture orarie (classi aperte,
laboratori, ecc,) che prevederebbero nella scuola la condivisione di una
cultura diversa nelle metodologie didattiche da adottare, metodologie che
si scontrano ancora con un insegnamento tradizionale e il più delle
volte inefficace.