Scuola media "G. B. Angioletti"- Torre del Greco


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Come prima attività, in prosieguo all’esperienza sulla sedimentazione, i ragazzi hanno determinato la tessitura dei campioni dei vari gruppi, utilizzando il diagramma a triangolo. I risultati sono stati, fortunatamente, quasi tutti diversi l’uno dall’altro, per cui i ragazzi si stanno rafforzando nel concetto che non tutti i terreni sono uguali e che le differenze nella loro composizione determinano tante altre differenze nelle loro caratteristiche.

Abbiamo ripreso l’esperienza della presenza di aria nel terreno per introdurre il concetto di porosità del suolo; poiché ogni gruppo ha conservato il cilindro dove aveva effettuato la sedimentazione, abbiamo invitato i ragazzi a misurare esattamente la differenza tra i volumi di terreno ed acqua mescolati e il volume raggiunto dal miscuglio e a raccogliere tutti i dati nella tabella che abbiamo approntato (noi vogliamo commentare e discutere alla fine tutti i risultati delle osservazioni ).

Qualche problema si è creato quando abbiamo fatto l’esperienza sulla permeabilità. Come al solito non siamo stati noi a dire come andava svolto l’esperimento, ma abbiamo sollecitato una discussione sul termine Permeabilità e sulle modalità da usare per scoprire se tutti i campioni possedessero allo stesso modo questa caratteristica. Per ciò che concerne la conoscenza del termine non ci sono stati molti problemi, sono bastati pochi interventi dei ragazzi a definire questa caratteristica come " la capacità del terreno a farsi attraversare dall’acqua"; più elaborato è stato invece capire come si dovesse procedere per comparare questa proprietà fra i vari campioni. La proposta di versare acqua su "un po’" di ogni tipo di terreno e di vedere in quanto tempo veniva assorbita si è subito fatta strada, ma alla nostra obiezione che, così facendo non potevamo essere certi che tutta l’acqua assorbita avesse attraversato il terreno i ragazzi sono rimasti un po’ disorientati; allora abbiamo suggerito che ci occorreva un metodo per raccogliere l’acqua che, eventualmente, avesse attraversato il campione; a questo punto il solito Francesco (sarà un futuro scienziato?) ha detto " mettiamo il terreno in un imbuto e l’imbuto su un bicchiere e versiamo acqua sopra", "non si può", ha subito risposto Liliana, "perché così facendo scende giù anche il terreno". Il problema sembrava insolubile e perciò siamo intervenuti noi per suggerire di mettere nell’imbuto qualcosa che si facesse attraversare dall’acqua e non dal terreno e alla fine fra le varie cose proposte (si è parlato anche di una rete stretta stretta) è stata scelta l’ovatta. Ma i problemi non erano finiti, quanto terreno e quanta acqua utilizzare? I ragazzi hanno capito che per poter paragonare i diversi campioni dovevamo usarne le stesse quantità, così come doveva essere uguale la quantità di acqua che avremmo versato su ognuno di essi; abbiamo completato la progettazione dell’esperienza decidendo di sostituire al bicchiere di Francesco un cilindro graduato e di stabilire degli intervalli di tempo (30 secondi) rispetto ai quali effettuare le misurazioni dell’acqua percolata. Cosa non è successo nel calcolare i secondi che passavano! In nessun gruppo i ragazzi erano concordi sul tempo passato e sul volume di acqua filtrata! E intanto, mentre i ragazzi discutevano fra di loro, l’acqua continuava a gocciolare………….

Per ovviare al "disastro" abbiamo deciso di ripetere l’esperimento, questa volta calcolando il tempo che impiegava l’acqua, in ogni cilindro, ad arrivare a10cc, poi a 20cc e così via. Le cose sono andate meglio, ma non del tutto; infatti, in due gruppi la percolazione era talmente lenta che dopo mezz’ora (non si trattava di terreni con molta argilla) ancora non era stato raggiunto il primo livello. Probabilmente l’ovatta si era infilata nel condotto dell’imbuto, rendendo più difficoltoso il passaggio dell’acqua. Abbiamo deciso di ripetere l’esperimento.

Frattanto è stata fatta l’osservazione al microscopio della muffa che si era formata nei vasi dove non sono germogliati i fagioli; i ragazzi ne hanno fatto un disegno ed hanno imparato a riconoscere le ife e le spore.

Un’altra esperienza effettuata è stata quella relativa all’acidità del terreno. Per la verità, noi eravamo indecisi se effettuarla o meno perché il concetto di acidità (ma soprattutto quello di basicità) non è semplice da trasmettere, specie a ragazzi di prima media, ma poi abbiamo pensato che, partendo dalla loro esperienza quotidiana, potevamo giungere almeno all’idea di ciò che è acido e di ciò che non lo è e quindi abbiamo loro chiesto che cosa conoscevano come "sostanza acida" e le risposte sono state quelle, prevedibili, del succo di limone, dell’aceto, dell’acido dello stomaco……

Poiché in laboratorio avevamo preparato un estratto di ciclamino per effettuare delle esperienze con i ragazzi di terza nell’ambito del tema "Sostanza", ne abbiamo approfittato per vedere che cosa succedeva aggiungendo a questo dell’aceto prima e dell’acqua di rubinetto poi, e abbiamo ripetuto l’operazione utilizzando una cartina al tornasole. I cambiamenti di colore che si sono ottenuti hanno convinto i ragazzi che una sostanza acida fa colorare di rosso la cartina o l’estratto mentre l’acqua non produce nessun cambiamento di colore; abbiamo deciso di fare la stessa esperienza utilizzando il supernatante dei vari campioni. I risultati sono stati …..che in nessun caso la cartina si colorava in rosso, ma i colori variavano dal verde al blu, quindi i nostri terreni non erano acidi, ma non erano nemmeno come l’acqua che non produceva variazioni di colore, erano dotati di una caratteristica diversa che noi abbiamo chiamato "basicità". L’ultima esperienza fatta è stata quella di controllare che cosa è successo nei vasi in cui, 15 giorni prima erano state sotterrate varie cose (bucce di arancia, di pera e di kiwi, pezzetti di carta, pezzetti di carta di alluminio, una biglia di vetro, pezzi di cavolfiore, una graffetta di metallo, pezzi di gomma per cancellare, foglie di insalata); i cambiamenti osservati sono serviti ai ragazzi a dividere le cose in materiale biodegradabile e non; abbiamo loro chiesto quale era la caratteristica comune a tutti i materiali non biodegradabili e la risposta data da alcuni allievi è stata "sono tutte cose costruite dall’uomo"; alla richiesta di trovare la caratteristica comune ai materiali biodegradabili non subito si è trovata la risposta, qualcuno ha detto "sono prodotti della natura" e noi abbiamo preso spunto da questo per giungere alla conclusione che la biodegradabilità riguarda tutto ciò che deriva dagli esseri viventi. Inoltre, abbiamo chiesto loro che cosa avesse determinato le trasformazioni; poiché su alcuni pezzetti di arancia si era formato uno strato di muffa, la risposta più immediata è stata evidente; ma come spiegavano le trasformazioni delle bucce di pera dove non si era formata la muffa? Torneremo a discutere della questione in tema di approfondimento.

In sede di commento possiamo dire che il disorientamento che spesso ha rilevato Annalisa nei suoi alunni, noi non l’abbiamo notato nei nostri se non quando i risultati delle esperienze erano talmente diversi dalle loro aspettative che c’è voluto un momento di riflessione più approfondita perché certe preconcezioni venissero demolite; l’evidenza sperimentale, comunque, riesce a smontare anche le idee più radicate e siamo ben contenti di affermare che i nostri ragazzi stanno cominciando ad affrontare le cose in maniera più scientifica; è difficile che si fermino alle apparenze e la frase " dobbiamo provarlo" è diventata ricorrente quando qualcuno fa un’affermazione. Anche l’acquisizione di certi termini è diventata un loro patrimonio; siamo rimasti piacevolmente sorpresi quando il Preside è venuto a farci visita in laboratorio e i ragazzi gli hanno spiegato, con sicurezza e utilizzando un linguaggio oseremmo dire rigoroso, ciò che avevano fatto e ciò che stavano facendo.