Diffusione per riflessione e rifrazione – cosa si vede

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Come procedere

Aggiungiamo alle esperienze appena fatte quelle che seguono:

  1.  In un ambiente oscurato disporre su un tavolo un foglio bianco e, perpendicolarmente ad esso, la lastra smerigliata. Porre una lampadina accesa o una candela davanti alla lastra e quindi dietro la lastra, prima quasi a contatto e quindi allontanandola via via; osservare come si vede la sorgente nei diversi casi. Ripetere l’operazione in un ambiente illuminato utilizzando un oggetto da mettere dietro la lastra a contatto e quindi via via più distante da essa.

  2. Porre in un ambiente illuminato un oggetto davanti a superfici di materiale simile e di rugosità diverse, ad esempio uno specchio piano, un foglio di alluminio da cucina il più possibile teso e piano, un foglio di alluminio appallottolato e quindi nuovamente disteso. Avvicinare e allontanare l'oggetto dalle superfici.

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  3. Suggeriamo inoltre di confrontare quello che si vede puntando il fascio proveniente dal laser pointer o dal proiettore da diapositive rispettivamente su uno specchio e su una parete.

 

Cosa si vede

1.      Quando la candela o l’oggetto sono a contatto con la lastra osservati attraverso la lastra si distinguono nettamente. Via via che ci si allontana la base della candela (l’oggetto) tende a essere sempre meno visibile, mentre la fiamma diventa una macchia luminosa sempre più ampia e a contorni indefiniti.

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2. Quando il foglio di alluminio è teso, la percezione dominante è quella dell'immagine riflessa se l'oggetto è vicino e ben illuminato. Allontanando l'oggetto l'immagine appare sempre più sfocata e deformata fino a scomparire e diventa predominante la percezione della superficie di alluminio. Nel caso del foglio che è stato appallottolato si vede solo la superficie che appare  "luccicante".

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  1. Nel caso dello specchio non si vede macchia luminosa sullo specchio e si raccoglie il fascio riflesso in una direzione precisa rispetto a quello incidente. Si vede inoltre nello specchio l’immagine della sorgente, in posizione simmetrica rispetto al piano dello specchio.
    Nel caso della parete non si nota alcuna immagine della sorgente rispetto ad essa, la superficie risulta uniformemente luminosa nella zona colpita dalla luce proveniente dalla sorgente.

 

Conclusioni e interpretazione

L'occhio vede come distinti due punti di una superficie solo se gli stimoli da essi provenienti raggiungono recettori distinti sulla retina e questo avviene quando la distanza fra i due punti è maggiore di un valore minimo che dipende da quanto è lontana la superficie dall'occhio. Il valore minimo corrisponde a 0,1 millimetri per un oggetto lontano 25 cm, a 1 centimetro per un oggetto lontano 20 metri.  [1]

Supponiamo di osservare un oggetto alla distanza di 25 cm, che corrisponde alla distanza minima a cui si ha ancora una visione distinta. In questo caso costituisce un "punto" per l'occhio una superficie di estensione uguale ad un centesimo di millimetro quadro. Questa non è invece un punto per la luce incidente, che "vede" estensioni minime di circa un milionesimo di millimetro quadro! Un "punto" per l'occhio (mesopunto visivo) è quindi formato da un grandissimo numero di "punti" per la luce, da ognuno dei quali partono verso lo spazio circostante raggi riflessi. Una superficie piana otticamente non liscia è una superficie in cui ogni piccola parte che costituisce un punto per l'occhio si può schematizzare come formata da piccolissime porzioni piane diversamente orientate che nel loro insieme danno origine ad un fascetto diffuso. Di conseguenza escono raggi in ogni direzione da ogni zona che per l'occhio è un punto e tale zona può essere considerata ai fini della descrizione fisica e della percezione visiva  come una sorgente puntiforme. Ogni oggetto diffondente è costituito da un numero molto alto, praticamente infinito, di tali sorgenti. 

Si può immaginare che la luce che colpisce, per esempio, un quadrettino di carta millimetrata ne "vede" la superficie nello stesso modo in cui l'occhio vede la carta di alluminio accartocciata e poi distesa. 

Quando si guarda qualcosa (sorgente primaria o secondaria) attraverso una superficie trasparente ruvida, quest'ultima può essere considerata come un insieme di punti-sorgente per l'occhio. Ognuno di essi invia nello spazio circostante luce rifratta corrispondente alla luce incidente che proviene da un solo punto-sorgente dell'oggetto se questo è a contatto della superficie ruvida. In questo caso la distribuzione della luce nello spazio oltre la superficie trasparente è praticamente la stessa che si avrebbe se tale superficie non ci fosse. Se l'oggetto è più distante, su ogni punto della superficie diffondente arriva luce da più punti-sorgente dell'oggetto e la luce diffusa da un unico mesopunto visivo della superficie trasparente contiene raggi che sono i rifratti di raggi incidenti provenienti da punti diversi dell'oggetto. 

La luce emessa direttamente dalla fiamma della candela , incontrando la superficie della lastra,  viene rifratta in ogni direzione da ogni punto-sorgente per l'occhio. L’effetto è tanto più piccolo quanto minore è la distanza tra sorgente e superficie diffondente e quanto minore è lo spessore della lastra. 

Quando si guarda una superficie rugosa, questa colpita da luce diretta o diffusa da altra superficie può essere considerata come un insieme di punti-sorgente per l'occhio. Ognuno di essi rinvia nello spazio circostante luce in tutte le direzioni; l'occhio intercetta un fascetto divergente in uscita da ciascun punto-sorgente e, secondo il modello di Keplero, lo fa convergere in un punto-immagine sulla retina . 

L'interpretazione del fatto che la superficie viene percepita come colorata è complessa e richiede di considerare sia il "colore" della luce che colpisce l'occhio sia il ruolo dei recettori sulla retina (coni) e dei livelli successivi di elaborazione del segnale nel cervello.[2]

 

[1] Separazione angolare dell’occhio fra 5 · 10-4 e 8 · 10-5  rad che corrispondono a 1 cm per un oggetto lontano 20 m e 0,1 mm per un oggetto lontano 25 cm (punto prossimo). Questa separazione angolare minima è determinata dal fatto che 2 punti si possono vedere distinti solo se sono distinti i 2 fotorecettori cui arriva il segnale. La distanza minima tra fotorecettori  contigui è 5 (nella fovea 3) · 10-4 cm. Questo stesso limite si ottiene considerando gli effetti di diffrazione dovuti alle dimensioni del foro della pupilla (da 0,1 a 0,8 cm) rispetto alla lunghezza d’onda della luce. Ci sono altri fattori limitanti (aberrazione cromatica e sferica, rumore di fondo) che riducono il valore di risoluzione a  8 · 10-4. Il valore coincide con quello trovato per diffrazione.
Per approfondire, cfr:
F. Borsa, D. Scannicchio,  FISICA con applicazioni in biologia e in medicina, Unicopli 1992 § 17.7c
D.C. Giancoli, FISICA principi e applicazioni,  CEA 2000, § 25.9 p. 787

 

[2] La macchia illuminata si vede bianca sia se intercettata da un foglio bianco che da un cartoncino colorato per una caratteristica dell’occhio di percepire i colori in funzione dello sfondo. In particolare quando una zona molto più luminosa dello sfondo emette luce dello stesso “colore” dello sfondo la zona viene percepita come bianca. In alcuni casi si può notare la differenza se si intercetta la macchia luminosa con un foglio bianco affiancato a quello colorato. Non sempre però la differenza è percepibile; nelle foto che seguono il foglio bianco è sempre a destra.

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  Suggerimenti per esperimenti sulla percezione del colore e prime interpretazioni si trovano in  SET- LUCE, COLORE, ENERGIA

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