Progetto SeCiF - LUCE E VISIONE - M. Gagliardi, E. Giordano

Una visione longitudinale dell’insegnamento scientifico ai diversi livelli scolastici
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4.1 Educazione scientifica, scuola di base e scuola secondaria

Ogni allievo, anche delle condizioni culturalmente e socialmente più svantaggiate, ha il diritto, nella scuola di base, di raggiungere una formazione scientifica che realizzi appieno le sue potenzialità di apprendimento, da un lato traducendosi in competenze operativamente spendibili, dall’altro garantendo una base solida per ulteriori approfondimenti nella scuola secondaria. Nel seguito indichiamo come sia possibile attuare una tale formazione scientifica attraverso una progressione di obiettivi formativi e metodologie di lavoro in classe che le sperimentazioni di ricerca hanno dimostrato essere perseguibili ed attuabili ai diversi livelli della scuola di base. Un paragrafo finale esemplifica, attraverso materiali provenienti da sperimentazioni di ricerca, possibili tappe in relazione allo studio delle ombre. Pensiamo che tali esemplificazioni possano essere di aiuto agli insegnanti per individuare, a partire dai materiali di LUCE E VISIONE, obiettivi specifici da raggiungere alle diverse età e percorsi didattici adeguati a raggiungerli anche in relazione ad altri temi. D’altra parte finché la scuola di base non sarà in grado di garantire a tutti una formazione del tipo delineato, essa dovrà essere costruita a livello di scuola secondaria, attraverso percorsi di insegnamento/apprendimento che consentano di recuperare tutte le ineludibili tappe che segnano il passaggio dalla conoscenza comune alla conoscenza scientifica. Da questo punto di vista i materiali di LUCE E VISIONE possono costituire anche a livello di scuola secondaria uno strumento prezioso per un’impostazione dello studio fisico dell’ottica che lungi dal tradursi in un puro nozionismo si traduca in un’autentica formazione culturale.

 

4.2 L’educazione scientifica nella scuola dell’infanzia e nel I ciclo elementare

A questo livello scolare non ha senso porsi obiettivi "informativi" nel senso di vere e proprie “nozioni scientifiche”. Vanno costruite le basi formative minimali per poter negli anni successivi affrontare ambiti definiti rispetto a cui raggiungere obiettivi dei due tipi. Si devono cominciare a costruire strategie di lettura, rappresentazione, intervento sulla realtà orientate scientificamente cioè adeguate ad una individuazione di sistemi, di variabili, di relazioni fra di essi finalizzata a scopi definiti che appaiano chiari ai bambini. Questo può essere ottenuto attraverso attività di gioco mirate ad esplorare, imitare, modificare, ottenere, indovinare, riprodurre (a parole, a gesti, a disegni ...) situazioni ed aspetti di situazioni percettivamente dominabili. Attività di questo tipo abituano alla scoperta e all'esplicitazione di "regole" che possono essere riutilizzate per raggiungere gli scopi voluti, alla gestione di codici simbolici diversi e ad un confronto iniziale sulle rispettive caratteristiche, al confronto di idee e strategie, a riflettere sul carattere di schematizzazione di qualunque descrizione, a iniziare a correlare stati e trasformazioni; a saper "vedere", "descrivere", "riprodurre" forme di cambiamento di una variabile nel tempo e nello spazio, a distinguere relazioni univocamente definite da relazioni non univoche, ecc.. In un lavoro di questo genere da un lato la formazione scientifica è strettamente intrecciata alla formazione linguistica, artistica, motoria … in un percorso di sviluppo unitario del singolo individuo, dall’altro lato i diversi punti di vista cominciano a differenziarsi progressivamente attraverso i diversi tipi di attività ed il confronto fra pari e con l’insegnante.

 

4.3 L’educazione scientifica nel II ciclo elementare

Si possono affrontare percorsi di costruzione di conoscenza relativamente ad ambiti fenomenologici definiti in modo tale che i bambini possano rendersi conto del loro carattere sin dall'inizio. E' necessario per questo partire con la considerazione di situazioni sufficientemente "ampie" con lo scopo dichiarato di voler capire e descrivere quello che succede e non procedere per unità didattiche che ritagliano separatamente aspetti distinti di una fenomenologia che nel suo complesso inizialmente è "vista" solo dall'insegnante. La necessità di segmentare i "fatti" e di studiare un aspetto per volta deve nascere dal lavoro svolto in classe. E' essenziale curarsi di costruire una traccia pubblica del cammino che si percorre (cartelloni di gruppi e di classe, registrazioni di discussioni, sintesi di relazioni), per poter recuperare collettivamente i suoi momenti salienti, le decisioni prese, i problemi rimasti aperti, le scoperte fatte, le conclusioni via via raggiunte ... in un'attività di metariflessione su cosa è un percorso di costruzione di conoscenza, indirizzata tanto ad un'acquisizione di consapevolezza sui comportamenti personali quanto ad un'acquisizione di consapevolezza su caratteristiche generali della costruzione di conoscenza, ed in particolare di conoscenza scientifica. Questo tipo di attività va beninteso proseguito per tutta la durata degli studi, fino a poter costituire dei veri e propri fondamenti di tipo epistemologico per chi proseguirà fino al termine della scuola secondaria. In questa fase è possibile, per quanto riguarda lo studio di fenomeni fisici, arrivare a costruire delle prime "nozioni scientifiche", in particolare leggi fisiche quantitative. E' cruciale che la matematizzazione venga fatta nascere come esigenza per superare il livello di conoscenza che può essere raggiunto basandosi solo su relazioni di tipo qualitativo e non che sia imposta sin dall'inizio come il "modo giusto" per rappresentare i fatti. Affinché ciò avvenga  è essenziale un accurato lavoro iniziale sul piano qualitativo. Poiché proprio il fit fra fatto "grezzo", esperimento "ripulito", rappresentazione nella forma di legge matematica è un obiettivo che caratterizza sul piano formativo l'insegnamento scientifico (dal punto di vista della fisica) in questa fase della scuola primaria, si devono scegliere ambiti fenomenologici la cui descrizione/interpretazione fisica consenta osservazioni e manipolazioni dirette, mettendo inizialmente in gioco grandezze che abbiano corrispettivi percettivi abbastanza ben definiti. Per far risaltare nel giusto modo il rapporto fra strumento matematico e conoscenza fisica è importante avere modo sia di utilizzare in contesti fenomenologici diversi lo stesso strumento matematico, sia strumenti matematici diversi in riferimento ad uno stesso contesto. Nel corso di questi anni si costruisce gradualmente una progressiva differenziazione dell’ambito matematico-scientifico dagli altri ambiti di apprendimento, non nel senso di una totale separatezza (fa parte della cultura saper vedere le reciproche relazioni), ma come costruzione di consapevolezza sulle singole specificità.

 

4.4 L’educazione scientifica nella scuola media.

Si prosegue nell'indagine fenomenologica e nella matematizzazione, sia avanzando in campi già affrontati nella scuola elementare, sia affrontandone di nuovi, anche relativi ad ambiti che richiedano "l'invenzione" di variabili senza corrispettivo percettivo o con corrispettivo percettivo molto ambiguo e mal definito. Resta sempre la regola di un livello iniziale di indagine qualitativa, tanto sofisticato quanto possibile, prima di passare al piano quantitativo. Si precisa via via la differenza fra i singoli punti di vista disciplinari all’interno dell’ambito matematico-scientifico, riconosciuti come inevitabile necessità di fronte all’esigenza di una conoscenza sempre più approfondita di una realtà di per sé unitaria ma estremamente complessa.

 

4.5 Un esempio: lo studio delle ombre

Le ombre si notano nelle situazioni in cui la loro sagoma è chiaramente distinguibile e consente di riconoscere l’oggetto che le produce. Sono particolarmente affascinanti le ombre della propria persona. A tutti i livelli della scuola di base si può iniziare lo studio delle ombre con un discorso degli allievi sull’ombra, attraverso un insieme di domande nello stesso tempo sufficientemente vaghe per dare spazio a una pluralità di interpretazioni e sufficientemente mirate per richiamare alla mente aspetti diversi del fenomeno. Il riquadro 1 esemplifica tipologie e livelli di risposta che si possono ottenere alle diverse età.   

Successivamente al sole, davanti ad una torcia, in una stanza con illuminazione solare indiretta, nella palestra con tante luci al neon, accendendo in un ambiente oscurato una o più lampadine alogene o un proiettore di diapositive, utilizzando un grande lenzuolo e/o uno schermo da diapositive … i ragazzi di tutte le età possono compiere osservazioni libere delle proprie ombre e delle ombre degli oggetti, entrare ed uscire negli “spazio d’ombra” che vengono a determinarsi.

Ai livelli più bassi di età (scuola dell’infanzia, I ciclo elementare) le tante “scoperte” che si possono fare possono essere utilizzate-per/guidate-da giochi coinvolgenti (“L’ombra di una mano può far scomparire quella di un intero bambino?” “Cosa ci vuole per fare un’ombra tonda?” “Raccontiamo una storia con le ombre?” “Dove ci si deve mettere per non vedere la lampadina?” …) che consentono di distinguere “famiglie” di fenomenologie diverse correlandole ai diversi tipi di sorgenti, di individuare i “protagonisti” del fenomeno della formazione delle ombre (sorgente, oggetto, superficie di proiezione), di coglierne a livello qualitativo le relazioni spaziali correlandole a forme e dimensioni delle ombre, di arricchire e precisare il linguaggio attraverso cui le ipotesi, le scoperte, le proposte … vengono presentate e discusse. Tutto ciò lasciando, tanto più quanto più i bambini sono piccoli, ampio spazio alla fantasia per divagare nelle più diverse direzioni cui il lavoro sulle ombre può condurre (vedi riquadro 2).

Nel II ciclo elementare e nella scuola media le osservazioni libere formano la base per l’individuazione di problemi più definiti, da affrontare attraverso la costruzione di esperienze mirate che permettano osservazioni sistematiche. Diventa possibile lo studio geometrico del sistema sorgente-oggetto-spazio/figura d’ombra, che può consentire la costruzione del modello di raggio (vedi riquadro 3), aprire allo studio delle trasformazioni geometriche delle forme d’ombra (vedi riquadro 4) e che può essere portato tanto più avanti quanto maggiore è l’età degli allievi, arrivando per esempio alla spiegazione di ombra e penombra ed alla previsione del fenomeno delle ombre colorate (vedi riquadro 5).  

Il modo di studiare le ombre a cui abbiamo accennato è senz’altro più lungo e complesso dello studio tradizionale che talvolta si affronta a livello di scuola media o di scuola secondaria (quando si ritiene che sia possibile l’operazione di “matematizzazione” che viene ritenuta l’unica connotazione di “scientificità” dello studio stesso), ma ne vale la pena. La considerazione esclusiva delle tradizionali situazioni rigidamente controllate, apparentemente “più semplici”, si riduce in realtà ad un puro esercizio matematico sulle proporzioni e sulle trasformazioni geometriche senza significato per una vera interpretazione della realtà. Basta pensare, per esempio, al problema della confusione fra “ombra” e “riflesso” che può essere ancora presente a livello di scuola media (vedi riquadro 6) e che in uno studio tradizionale viene normalmente ignorato. Le situazioni “matematicamente semplici” hanno culturalmente senso come tappe intermedie di un percorso che parte dalla complessità del quotidiano e ad essa ritorna, percorso che inizia spontaneamente da quando si è piccolissimi e che troppo spesso a scuola invece di trovare modi per crescere e durare tutta la vita trova ragioni per isterilirsi e finire.