IV tappa
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Per approfondire il discorso sui diversi tipi di illuminazione, conduco i bambini in palestra, dove avevo situato il proiettore di diapositive e un foglio di cartoncino bristol bianco (lo “schermo”) l’uno di fronte all’altro in modo che lo schermo raccogliesse tutto il fascio del proiettore. Accendo il proiettore e chiedo se la luce prodotta è una luce diretta. Alcuni dicono di sì, altri dicono di no. Una bambina, interponendo prima la sua mano e poi se stessa fra il proiettore e lo schermo, fa notare che sullo schermo compaiono delle ombre solo se l’oggetto interposto non intercetta l’intero fascio luminoso e ne deduce che la luce del proiettore è diretta, cioè confinata in una zona limitata di spazio (“Se io mi metto così [fa le ombre con le mani] si vedono le ombre, se io mi metto così [e copre tutta la luce del proiettore] non si vede la mia ombra... [la luce del proiettore] se fosse diffusa, se io mi metto qui non si vede la mia ombra”). Altri fanno notare che in realtà “… un po’ di tutta la palestra è illuminata” e dunque “… un po’ di luce se ne va in tutta la stanza”. A questo punto si scatena una ricerca delle possibili sorgenti della luce presente in tutta la stanza: fenditure del proiettore, tapparelle, buco della serratura,… e si nota con grande sorpresa che anche schermando tali possibili sorgenti, la luce diffusa non scompare. Si nota anche che è possibile vedere ombre “un po’ astratte, indefinite” sulle pareti della stanza. Io evidenzio le analogie fra la situazione considerata e quanto era stato notato in classe con e senza luce solare diretta, ripropongo il problema della provenienza di “quella luce debole che fa venire le ombre indefinite” e i bambini arrivano ad individuare lo schermo come causa della diffusione di parte della luce del proiettore. Interponendo “schermi” di vario colore sul percorso del fascio, i bambini vengono sollecitati ad osservare le variazioni di luminosità nella stanza.

I bambini mettono in relazione la quantità di luce diffusa con il colore dello schermo e l’idea di schermo come causa della diffusione viene generalizzata. Una bambina riesce anche a immaginare una situazione in cui non si avrebbe alcuna luce diffusa, un’altra immagina una situazione in cui il fascio luminoso in parte viene diffuso e in parte continua a propagarsi mantenendo la propria direzione.

Quando chiedo se tutto può fungere da schermo, alcuni bambini rispondono identificando lo schermo con tutte le cose che possono diffondere (“Si, [fanno da schermo] tutte le cose che diffondono”), mentre una bambina (E) distingue le cose non trasparenti “che  diffondono” dalle cose trasparenti (la bambina pensa allo specchio come alla superficie che meglio rappresenta le cose trasparenti) che a suo avviso “mandano la luce da un’altra parte”. Ne nasce un contraddittorio con un’altra compagna che invece afferma che anche gli oggetti trasparenti diffondono (E: “Per esempio uno specchio, i raggi del Sole vanno a sbattere sullo specchio che siccome è un po' trasparente, li manda da un’altra parte, poi se per esempio li manda su un albero, l’albero diffonde la luce”, I: “Non è vero, lo specchio la manda da tutte le parti e se c’è anche in un albero”). Altri bambini si uniscono alla discussione e due bambini, intanto, spostano spontaneamente il proiettore davanti ad un grande specchio a muro presente nella palestra. La maggioranza dei bambini ritiene valida la tesi di E, soprattutto dopo che lei riutilizza il fatto che le ombre provocate dal fascio proveniente dallo specchio sono nette, per evidenziare che il fascio di luce riflesso dallo specchio ha caratteristiche uguali al fascio che esce direttamente dal proiettore e non alla luce diffusa nella stanza ( “Lo specchio rilancia la luce del proiettore che viene a sbattere contro di me e allora si forma l’ombra”, “E’ netta! E’ definita!”).

Attiro l’attenzione di tutti sulla macchia di luce riflessa dallo specchio che si è formata sulla parete opposta a quella dello specchio stesso, chiedendo agli allievi di descrivere cosa vedono. I bambini riconoscono nella macchia riflessa la stessa forma quadrata vista quando è stato illuminato il cartoncino bristol, ma notano che essa ha dimensioni maggiori (“E’ grandissima e quadrata”). Un bambino collega la forma quadrata della macchia di luce alla forma dello specchio [che è rettangolare] innescando nei compagni  una discussione in cui la forma e le dimensioni della macchia vengono messe in relazione da alcuni con la forma e le dimensioni dello specchio (“Ritroviamo là la forma quadrata grande come lo specchio, la luce va contro a tutto lo specchio e prende la forma dello specchio e quindi la riflette là però con la forma dello specchio”) e da altri con il fascio proveniente dal proiettore (“...ti viene tipo quella del proiettore quadrata, si vede nel soffitto, dall’altra parte, della stessa forma solo un po’ più grande”, “Ho un’obiezione contro quello che ha detto M: lo specchio la rimanda indietro con la grandezza dello specchio ma non con la forma dello specchio, con la forma  della luce [del proiettore]”).  Una bambina è in grado di notare che il fascio uscente dal proiettore ed il fascio riflesso si allargano progressivamente, avendone notato per terra il tragitto [il fascio illuminava in parte anche  il pavimento] (“...per terra ho visto una striscia del proiettore che andava lunga fino a là [fino alla parete sulla quale si forma la macchia di luce riflessa dallo specchio] però a terra, all’inizio era così poi si allargava sempre di più... [con le mani ne disegna il tragitto]”).

Per spostare l’attenzione di tutti sull’allargamento progressivo del fascio prendo un cartoncino bianco e lo posiziono di fronte al proiettore in modo che ne intersechi il fascio luminoso. I bambini osservano che allontanando il cartoncino dal proiettore la macchia di luce raccolta si ingrandisce progressivamente e l’intensità luminosa diminuisce (“Quando lo avvicini diventa più piccolo e più luminoso, quando lo allontani è più grande e meno luminoso”) e quando chiedo loro una spiegazione del fenomeno, alcuni bambini collegano la diminuzione dell’intensità luminosa alla “forza della luce” che diminuisce con l’aumentare della distanza del cartoncino dalla sorgente e una bambina intuisce che la “quantità di luce” raccolta dal cartoncino si conserva (“Se lo metti vicino alla luce del proiettore si vede piccolo [la macchia di luce] e siccome è piccolo la luce si raggruppa tutta là, invece se è grande  la luce è sparsa”).

Per chiarire il problema emerso precedentemente, sulla relazione tra la forma e le dimensioni dello specchio, da un lato, e la forma e le dimensioni della macchia di luce riflessa, dall’altro, pongo di fronte al proiettore uno specchio rotondo e di dimensioni inferiori a quelle dello specchio sulla parete. Si compiono osservazioni intercettando sia totalmente sia  parzialmente il fascio di luce. Nella discussione che segue viene chiarito che tutta la luce che colpisce lo specchio viene riflessa continuando ad allargarsi allo stesso modo in cui si allargava il fascio incidente. Se lo specchio raccoglie tutta la luce, la forma della macchia riflessa è quadrata come quella vista sul cartoncino, mentre se lo specchio raccoglie solo una parte di fascio, la corrispondente macchia riflessa  presenta un contorno parzialmente curvo, dovuto alla forma rotonda dello specchio (“E’ diventata tonda”), e la luce che non viene raccolta dallo specchio va ad illuminare la parete di fronte al proiettore su cui di conseguenza si staglia l’ombra parziale dello specchio (“... c’è sempre un po' di ombra perché lo specchio non è tutto illuminato”).

Per condurre gli allievi verso una sintesi finale, vengono eseguite esperienze contemporanee con cartoncino e specchio posti di fronte al proiettore. E’ chiaro a tutti che, quando la luce colpisce un cartoncino, sulla sua superficie è visibile una macchia di luce e la luce viene rimandata indietro in tutte le direzioni comunque lo si orienti, mentre quando la luce colpisce uno specchio sulla sua superficie non è visibile alcuna macchia di luce e la luce viene rimandata indietro in una direzione che dipende dall’orientazione dello specchio. I bambini si divertono ad orientare lo specchio per “mandare” la luce riflessa in giro per la stanza, alcuni  tentano di prevedere come deve essere orientato per mandare la luce riflessa perpendicolarmente sul soffitto e si sorprendono di vedere che il piano dello specchio deve essere inclinato rispetto al piano orizzontale, contrariamente alle previsioni  (“Però lo specchio rimanda la luce solo di fronte a lui e non in tutta la stanza: con la luce che riflette, se lo giri in su [e cioè lo disponi in un piano orizzontale, rivolto verso l’alto] ti fa la luce su”). Altri bambini rendono visibile la forma del fascio di luce del proiettore scuotendo un maglione molto polveroso e riconoscono che il fascio si allarga progressivamente (“Il fascio di luce si allarga sempre di più”, “E’ a forma di cono, prima è così [con le mani mostrano un piccolo cerchio] e poi si allarga e si allarga fino all’oggetto”). Un bambino vuole verificare se davvero la macchia di luce non può essere vista sulla superficie dello specchio, così insieme ad altri compagni ne sporca la superficie e tutti si divertono a notare che “Lo sporco fa un po' da cartoncino”.

Quando, all’inizio dell’incontro successivo, chiedo ai bambini di riassumere quello che hanno imparato lavorando con i cartoncini e gli specchi, nasce un nuovo problema.

Tutti sono d’accordo sul fatto che uno specchio riflette la luce in una direzione definita, mentre un cartellone la diffonde in tutte le direzioni, ma nasce una discussione sul fatto che questa diffusione avvenga o meno anche “dietro” al cartellone. Un’allieva, basandosi sul fatto che si possono vedere solo cose illuminate, insiste a dire che poiché sulla parete si vede l’ombra del cartellone, dietro di esso deve esserci luce, che non può provenire altro che dalla macchia di luce raccolta dal cartellone stesso. Due suoi compagni, basandosi sul fatto che le ombre si formano quando un oggetto non fa passare la luce e sull’interpretazione già costruita di conseguenza dell’ombra come mancanza di luce, insistono sul fatto che dietro al cartellone non può esserci luce. In effetti, per risolvere il problema è necessario sia interpretare l’ombra come assenza relativa e non assenza assoluta di luce, sia rendersi conto del fenomeno della diffusione secondaria da parte delle pareti e del soffitto. Cerco di portare i bambini a rendersi conto di entrambe le cose, guidando opportunamente il seguito della discussione, ma rendendomi conto che affinché possano convincersi pienamente sarebbero necessarie esperienze mirate ed osservazioni più approfondite, preferisco lasciare il problema in sospeso.


 
Da “EDUCAZIONE SCIENTIFICA DI BASE:UN PERCORSO DI LUCE IN UNA CLASSE TERZA DI SCUOLA ELEMENTARE Tesi di laurea in fisica di eLISABETTA ZAMPIERI (Relatore Prof. Nella Grimellini Tomasini, Co-Relatore Dott. MARTA GAGLIARDI) A.A. 1997/98, III sessione