Per approfondire il discorso sui diversi tipi di illuminazione, conduco i
bambini in palestra, dove avevo situato il proiettore di diapositive e
un foglio di cartoncino bristol bianco (lo “schermo”) l’uno di
fronte all’altro in modo che lo schermo raccogliesse tutto il fascio
del proiettore. Accendo il proiettore e chiedo se la luce prodotta è
una luce diretta. Alcuni dicono di sì, altri dicono di no. Una
bambina, interponendo prima la sua mano e poi se stessa fra il
proiettore e lo schermo, fa notare che sullo schermo compaiono delle
ombre solo se l’oggetto interposto non intercetta l’intero fascio
luminoso e ne deduce che la luce del proiettore è diretta, cioè
confinata in una zona limitata di spazio (“Se
io mi metto così [fa le ombre con le mani] si vedono le ombre, se io
mi metto così [e copre tutta la luce del proiettore] non si vede la
mia ombra... [la luce del proiettore] se fosse diffusa, se io mi metto
qui non si vede la mia ombra”). Altri fanno notare che in realtà
“… un po’ di tutta la
palestra è illuminata” e dunque “… un po’ di luce se ne va in tutta la stanza”. A questo
punto si scatena una ricerca delle possibili sorgenti della luce
presente in tutta la stanza: fenditure del proiettore, tapparelle,
buco della serratura,… e si nota con grande sorpresa che anche
schermando tali possibili sorgenti, la luce diffusa non scompare. Si
nota anche che è possibile vedere ombre “un
po’ astratte, indefinite” sulle pareti della stanza. Io
evidenzio le analogie fra la situazione considerata e quanto era stato
notato in classe con e senza luce solare diretta, ripropongo il
problema della provenienza di “quella
luce debole che fa venire le ombre indefinite” e i bambini
arrivano ad individuare lo schermo come causa della diffusione di
parte della luce del proiettore. Interponendo “schermi”
di vario colore sul percorso del fascio, i bambini vengono sollecitati
ad osservare le variazioni di luminosità nella stanza.
I bambini mettono in relazione la quantità di
luce diffusa con il colore dello schermo e l’idea di schermo come
causa della diffusione viene generalizzata. Una bambina riesce anche a
immaginare una situazione in cui non si avrebbe alcuna luce diffusa,
un’altra immagina una situazione in cui il fascio luminoso in parte
viene diffuso e in parte continua a propagarsi mantenendo la propria
direzione.
Quando
chiedo se tutto può fungere da schermo, alcuni bambini rispondono
identificando lo schermo con tutte le cose che possono diffondere (“Si, [fanno da schermo] tutte le cose che diffondono”), mentre
una bambina (E) distingue le cose non trasparenti “che diffondono” dalle
cose trasparenti (la bambina pensa allo specchio come alla superficie
che meglio rappresenta le cose trasparenti) che a suo avviso “mandano la luce da un’altra parte”. Ne nasce un
contraddittorio con un’altra compagna che invece afferma che anche
gli oggetti trasparenti diffondono (E:
“Per esempio uno specchio, i raggi del Sole vanno a sbattere sullo
specchio che siccome è un po' trasparente, li manda da un’altra
parte, poi se per esempio li manda su un albero, l’albero diffonde
la luce”, I: “Non è vero, lo specchio la manda da tutte le parti
e se c’è anche in un albero”). Altri bambini si uniscono alla
discussione e due bambini, intanto, spostano spontaneamente il
proiettore davanti ad un grande specchio a muro presente nella
palestra. La maggioranza dei bambini ritiene valida la tesi di E,
soprattutto dopo che lei riutilizza il fatto che le ombre provocate
dal fascio proveniente dallo specchio sono nette, per evidenziare che
il fascio di luce riflesso dallo specchio ha caratteristiche uguali al
fascio che esce direttamente dal proiettore e non alla luce diffusa
nella stanza ( “Lo specchio
rilancia la luce del proiettore che viene a sbattere contro di me e
allora si forma l’ombra”, “E’ netta! E’ definita!”).
Attiro l’attenzione di tutti sulla macchia di luce
riflessa dallo specchio che si è formata sulla parete opposta a
quella dello specchio stesso, chiedendo agli allievi di descrivere
cosa vedono. I bambini riconoscono nella macchia riflessa la stessa
forma quadrata vista quando è stato illuminato il cartoncino bristol,
ma notano che essa ha dimensioni maggiori (“E’
grandissima e quadrata”). Un bambino collega la forma quadrata
della macchia di luce alla forma dello specchio [che è rettangolare]
innescando nei compagni una
discussione in cui la forma e le dimensioni della macchia vengono
messe in relazione da alcuni con la forma e le dimensioni dello
specchio (“Ritroviamo là la
forma quadrata grande come lo specchio, la luce va contro a tutto lo
specchio e prende la forma dello specchio e quindi la riflette là però
con la forma dello specchio”) e da altri con il fascio
proveniente dal proiettore (“...ti viene tipo quella del proiettore quadrata, si vede nel
soffitto, dall’altra parte, della stessa forma solo un po’ più
grande”, “Ho un’obiezione contro quello che ha detto M: lo
specchio la rimanda indietro con la grandezza dello specchio ma non
con la forma dello specchio, con la forma
della luce [del proiettore]”).
Una bambina è in grado di notare che il fascio uscente dal
proiettore ed il fascio riflesso si allargano progressivamente,
avendone notato per terra il tragitto [il fascio illuminava in parte anche il pavimento] (“...per
terra ho visto una striscia del proiettore che andava lunga fino a là
[fino alla parete sulla quale si forma la macchia di luce riflessa
dallo specchio] però a terra, all’inizio era così poi si allargava
sempre di più... [con le mani ne disegna il tragitto]”).
Per spostare l’attenzione di tutti sull’allargamento
progressivo del fascio prendo un cartoncino bianco e lo posiziono di
fronte al proiettore in modo che ne intersechi il fascio luminoso. I
bambini osservano che allontanando il cartoncino dal proiettore la
macchia di luce raccolta si ingrandisce progressivamente e
l’intensità luminosa diminuisce (“Quando
lo avvicini diventa più piccolo e più luminoso, quando lo allontani
è più grande e meno luminoso”) e quando chiedo loro una
spiegazione del fenomeno, alcuni bambini collegano la diminuzione
dell’intensità luminosa alla “forza
della luce” che diminuisce con l’aumentare della distanza del
cartoncino dalla sorgente e una bambina intuisce che la “quantità
di luce” raccolta dal cartoncino si conserva (“Se
lo metti vicino alla luce del proiettore si vede piccolo [la macchia
di luce] e siccome è piccolo la luce si raggruppa tutta là, invece
se è grande la luce è
sparsa”).
Per chiarire il problema emerso precedentemente, sulla
relazione tra la forma e le dimensioni dello specchio, da un lato, e
la forma e le dimensioni della macchia di luce riflessa, dall’altro,
pongo di fronte al proiettore uno specchio rotondo e di dimensioni
inferiori a quelle dello specchio sulla parete. Si compiono
osservazioni intercettando sia totalmente sia
parzialmente il fascio di luce. Nella discussione che segue
viene chiarito che tutta la luce che colpisce lo specchio viene
riflessa continuando ad allargarsi allo stesso modo in cui si
allargava il fascio incidente. Se lo specchio raccoglie tutta la luce,
la forma della macchia riflessa è quadrata come quella vista sul
cartoncino, mentre se lo specchio raccoglie solo una parte di fascio,
la corrispondente macchia riflessa
presenta un contorno parzialmente curvo, dovuto alla forma
rotonda dello specchio (“E’
diventata tonda”), e
la luce che non viene raccolta dallo specchio va ad illuminare la
parete di fronte al proiettore su cui di conseguenza si staglia
l’ombra parziale dello specchio (“... c’è sempre un po' di ombra perché lo specchio non è tutto
illuminato”).
Per condurre gli allievi verso una sintesi finale, vengono
eseguite esperienze contemporanee con cartoncino e specchio posti di
fronte al proiettore. E’ chiaro a tutti che, quando la luce colpisce
un cartoncino, sulla sua superficie è visibile una macchia di luce e
la luce viene rimandata indietro in tutte le direzioni comunque lo si
orienti, mentre quando la luce colpisce uno specchio sulla sua
superficie non è visibile alcuna macchia di luce e la luce viene
rimandata indietro in una direzione che dipende dall’orientazione
dello specchio. I bambini si divertono ad orientare lo specchio per
“mandare” la luce riflessa in giro per la stanza, alcuni
tentano di prevedere come deve essere orientato per mandare la
luce riflessa perpendicolarmente sul soffitto e si sorprendono di
vedere che il piano dello specchio deve essere inclinato rispetto al
piano orizzontale, contrariamente alle previsioni
(“Però lo specchio
rimanda la luce solo di fronte a lui e non in tutta la stanza: con la
luce che riflette, se lo giri in su [e cioè lo disponi in un piano
orizzontale, rivolto verso l’alto] ti fa la luce su”). Altri
bambini rendono visibile la forma del fascio di luce del proiettore
scuotendo un maglione molto polveroso e riconoscono che il fascio si
allarga progressivamente (“Il
fascio di luce si allarga sempre di più”, “E’ a forma di cono,
prima è così [con le mani mostrano un piccolo cerchio] e poi si
allarga e si allarga fino all’oggetto”). Un bambino vuole
verificare se davvero la macchia di luce non può essere vista sulla
superficie dello specchio, così insieme ad altri compagni ne sporca
la superficie e tutti si divertono a notare che “Lo
sporco fa un po' da cartoncino”.
Quando, all’inizio dell’incontro successivo, chiedo ai
bambini di riassumere quello che hanno imparato lavorando con i
cartoncini e gli specchi, nasce un nuovo problema.
Tutti sono d’accordo sul fatto che uno specchio riflette
la luce in una direzione definita, mentre un cartellone la diffonde in
tutte le direzioni, ma nasce una discussione sul fatto che questa
diffusione avvenga o meno anche “dietro” al cartellone.
Un’allieva, basandosi sul fatto che si possono vedere solo cose
illuminate, insiste a dire che poiché sulla parete si vede l’ombra
del cartellone, dietro di esso deve esserci luce, che non può
provenire altro che dalla macchia di luce raccolta dal cartellone
stesso. Due suoi compagni, basandosi sul fatto che le ombre si formano
quando un oggetto non fa passare la luce e sull’interpretazione già
costruita di conseguenza dell’ombra come mancanza di luce, insistono
sul fatto che dietro al cartellone non può esserci luce. In effetti,
per risolvere il problema è necessario sia interpretare l’ombra
come assenza relativa e non assenza assoluta di luce, sia rendersi
conto del fenomeno della diffusione secondaria da parte delle pareti e
del soffitto. Cerco di portare i bambini a rendersi conto di entrambe
le cose, guidando opportunamente il seguito della discussione, ma
rendendomi conto che affinché possano convincersi pienamente
sarebbero necessarie esperienze mirate ed osservazioni più
approfondite, preferisco lasciare il problema in sospeso.